Ai confini del commento


Avete qualcosa di stravagante da raccontare?
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5 commenti:

  1. Buonasera Fabio e buon Halloween! In questa serata cara a noi fedeli del weird voglio partecipare al mio blog preferito dell'universa Rete. Adoro tutte le rubriche che hai inventato, ma scelgo questa per raccontare un sogno ricorrente che ho fatto per dieci anni, dai 25 ai 35. Senza tirare in ballo la psicanalisi, per carità, penso che i sogni reiterati provengono da zone diverse dal quotidiano. E mi sono accorto che in quei sogni seriali sono le Immagini che fanno domande e parlano e non il contrario, Perciò narro e basta.
    Ancora un buon Halloween, grande Cavaglian!

    Sono trasportato in sogno, in cima ad una collina, piantonata da qualche timido albero da frutta.
    Sulla sommità mi ritrovo seduto su di una panchina adiacente a una piccola, graziosa chiesetta, sormontata da un’esile croce d’oro.
    Dal luogo sacro proveniva però, un fragoroso scampanio a festa – o era un segnale di pericolo?-
    Un frastuono molesto che non aveva niente d’allegro, anzi, m’assordava e mi rintronava la mente.
    Fu così che per sfuggire a quella tortura acustica, mi gettai a capofitto in un piccolo sentiero.
    Il tracciato scendeva a zig zag per il declivio del poggio, e sentivo che il percorrerlo m’avrebbe liberato da quel rumore insostenibile.
    Ecco: da ogni sasso e cespuglio, da buche ed anfratti, sbucavano fuori orrendi grovigli di serpenti velenosi-vipere, cobra reali e crotali con i loro tintinnanti sonagli, tra gli altri-.
    Gli intrichi di serpi cominciavano a scattare verso le mie gambe per mordere e inoculare veleno.
    Allora, cominciavo a correre e a saltare, e mi sembrava di volare con le ali ai piedi, sopra quei venefici denti cavi.
    Ad un certo punto, un terribile mamba nero, spiccava un balzo formidabile e mi addentava un polpaccio.
    Mi sentivo trasformare in una lingua di fuoco.
    Dentro l’organismo bruciavo e da tutti i miei orifizi fuoriusciva del vapore caldo.
    Poi, la mia pelle iniziava prima a raffreddarsi, e poi a colorarsi di tutte le gradazioni tonali dell’arcobaleno.
    Finivo il mio onirico volo e atterravo in un prato di tenera erbetta.
    Sinceramente, non so se stavo bene o male.
    Implacabile il mamba nero mi aveva seguito e s’ergeva minaccioso davanti a me.
    In rapida successione, il nero delle sue squame diventava iridescente e il rettile si mutava in un’onda marina spumeggiante, color verde smeraldo.
    Poi ancora, -come in una fiaba- in una ragazza di una rara bellezza e di proporzioni di forme mai vi-ste.
    Nel braccio destro teneva delicatamente una flessuosa gatta dai tre colori –una micia femmina-e nella mano sinistra reggeva una verga di nocciolo, a forma di forcella, del tipo di quelle usate per raccogliere i limoni o altri piccoli frutti.
    Si potrebbe anche raffigurare come la magica canna dei rabdomanti, usata per trovare sorgenti o vene d’acqua sotterranee.
    -Mi presento, sono la Guardiana del Sonno, la Fata Cambiacolore.
    Sono la magia che risiede nel tuo cuore.
    Sono qui per aprirti gli occhi.
    -E come, se non sono indiscreto? - le chiesi incuriosito.
    -Con quest’umile verga di nocciolo, tu potrai scavare e scendere dentro di te, quando lo vorrai.
    Inoltre, potrai cambiare il colore d’ogni attimo della vita e di una tua giornata terrena.

    Grazie ancora per questo blog magnifico, great Farbio.

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    1. Great Mosko! E' un bellissimo racconto, questo tuo sogno, ricco d’immagini suggestive. Di vero c’è che un dolore, come quello inconsciamente rappresentato dal morso del mamba o dalla fuga da uno scampanio assordante, può portare al miglioramento e all’emersione di energie nuove e in noi inaspettate (anche se io, di solito, m’incazzo e mi dispero con modestissimi progressi karmici. In tali occasioni, comunque, credo che avvenenti fatine potrebbero essermi di grande aiuto e consolazione).

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  2. Se posso intervenire anche io... il nocciolo era una pianta usata (credo) contro le vene varicose e quindi è possibile o comunque potrebbe non essere strano che venga presentata come rimedio in un sogno dove il protagonista avverte dolori alle gambe (gli assalti delle bestiacce nella prima parte del sogno).
    Essendo una pianta da climi temperati, più che mediterranei veri e propri, era usata, mi pare, specie tra i druidi.
    Infine, mi paiono abbastanza trasparenti gli agganci alla mitologia celtica. Il protagonista all'inizio avverte un suono di campane a festa, ma assordante e molesto, dal quale fugge.
    E' notorio che il suono delle campane - strumento di cui il cristianesimo fece largo uso - metteva in fuga gli spiriti maligni (e, in generale, gli spiriti di altre religioni, sovente considerati / trasformati in creature maligne - v. quel che fa Dante). Tutti ricordiamo la scena di Fantasia nella quale il demone Chernabog viene costretto a riassumere la forma e la natura di montagna quando sente il suono delle campane dell'Ave Maria. Se poi ci si mette anche la fata (non devo citare Morgana, vero?) con tanto di gatto, animale stregonesco per eccellenza, tutti i pezzi del puzzle vanno a posto.
    Da buon seguace di Occam preferisco la soluzione più semplice, secondo la quale spunti di studi e letture di antropologia, uniti a qualche crampo notturno, hanno prodotto, insieme ad un quid di misterioso (e destinato, secondo me, a rimanere tale) proveniente dall'inconscio o dal subconscio (lì se la vedranno freudiani e junghiani), il sogno narrato.

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    1. Ammmmazza che disamina, Bob!... Puoi, eccome, intervenire.
      Io stavo mandando tutto a p.....e con del facile umorismo e invece tu hai compilato la più dotta chiave di lettura possibile. Gloria anche al mitizzato inconscio del Mosco, allora!

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    2. Buonasera Roberto, preso da molteplici impegni mi avvedo solo ora della tua grande disanima, narrativa prima che psicanalitica.
      Nessuno meglio di te sa che le Immagini nei sogni parlano e fanno domande e propongono situazioni ed enigmi, e non siamo noi che facciamo parlare loro.
      Io stesso ho razionalizzato in ogni modo quella sequenza che si presentò proprio come l'ho narrata.
      Una delle ultime fu "come non si può rinunciare a duemila anni di cristianesimo, non si può rinunciare neanche a tutta la ricerca d'anima precedente al Golgota".

      Ma la chiave dell'enigma sta nel fatto che le Immagini parlano e non Io; questa è diventata per me una certezza. E mi permetto di citarti, in queste tue parole trovo, non al vello di dottrina, la risoluzione di quella sequenza:

      "La storia, secondo me, altro non è che quello che succede ai personaggi, i quali agiscono o reagiscono a certi eventi.
      Orbene, se un personaggio fatto in un certo modo fa una certa cosa, o la subisce, le sue reazioni non sono infinite. Ce n'è una certa gamma, anche vasta, ma non tutto è concesso.
      In altre parole, una certa azione comporta certi altri fatti e ne esclude certi altri, necessariamente.
      Siamo lontanissimi (a mio parere) dal cliché dello scrittore invasato dall'ispirazione.
      Il fatto è che, da certe premesse non possono che derivare certe conseguenze e non certe altre.
      Il mettersi al servizio della storia non vuol dire altro che prendere atto di questa necessità.
      Se le premesse non ci piacciono, le cambiamo, ma se le conseguenze non ci piacciono, però sono imposte dalle premesse, ce le teniamo, che ci piacciano o no. E se questo va contro le nostre convinzioni, pazienza.
      Questo secondo me, dal punto di vista della morale implica che possiamo anche non condividere la morale che emerge dalla storia raccontata.
      Parlando di opere di fantasia, tra l'altro, è raro che ciò accada perché è poco probabile che un autore narri storie che non piacciono a lui. Parlando dello stile, invece, comporta che si rinuncia a una certa espressione o se ne adotta un'altra perché quella scelta è più idonea di quella scartata ad esprimere il concetto o il fatto o il pensiero narrato. "

      Le Immagini di una storia chiedono la parola, e non dobbiamo perdere l'occasione di dargliela perchè siamo troppo presi a sbrodolare il nostro Ego.

      Abbi gioia

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